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SUL MASTER DI NATUROPATIA DELLA SAPIENZA

Ultimo Aggiornamento: 04/09/2009 13:10
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Città: ROMA
Età: 28
Sesso: Femminile
02/09/2009 14:00

OPINIONI A CONFRONTO
Pubblichiamo qui una interessante nota del Dott. Luca Avoledo, pubblicata sul Forum della Eurosalus, a commento delle "critiche"(che ovviamente speriamo tutti capiscano che non sono affatto polemiche, ma servono soprattutto a attivare un dialogo e una riflessione anche e soprattutto con le istituzioni accademiche)sul Master della Sapienza giunte da più parti. Nel post successivo cercheremo punto per punto di postare le nostre obiezioni e opinioni.

Premetto che non ho alcun interesse nel fare la difesa d'ufficio del Master in Naturopatia dell'Università La Sapienza. Non sono un docente del master, non sono coinvolto nella sua organizzazione, non ne sapevo niente fino a poche settimane fa.

Per di più, avendo una laurea in Scienze Naturali, sono tra quelle figure che, benché possano avere accesso al master, non potrebbero esercitare la naturopatia ai sensi della definizione fornita nel bando ("Per naturopatia si intende il consulto e/o il trattamento che la figura sanitaria riconosciuta, può effettuare, su richiesta dell´utente, come azione di complemento a quella per la quale già è stata abilitata"), bando che, nell'aprire a lauree non sanitarie, ma nell'affrettarsi nel contempo a esplicitare che i possessori di tali lauree non possono praticare la naturopatia, mi pare abbia commesso un formidabile errore, se non altro di marketing.

Io per primo trovo che il master così come definito abbia aspetti perfettibili. Ma credo che siano innegabili le sue potenzialità di tramite verso l'individuazione di altri percorsi di studio più congrui del master stesso e, soprattutto, di stimolo legislativo.

Per questo e per molte delle ragioni elencate qui (tra cui il fatto che il master riconosce esplicitamente nel naturopata una figura di supporto alla salute e che inserisce il naturopata nel sanitario, a differenza di tutta la più o meno recente produzione legislativa regionale in merito), trovo davvero arduo sostenere, come fa Rosenz, che il master non rappresenti una novità nello stagnantissimo panorama della naturopatia italiana o che addirittura, come sostiene l'Inat, sia "Il Master del nulla". Che poi la novità possa piacere o meno è un altro discorso.

Certo, come afferma Umberto, solo una legge potrà dire cosa sarà la naturopatia e non certo il bando di un master. Ma il Master di Naturopatia della Sapienza traccia una strada importante. E, nell'emanazione di una legge, è verosimile che si partirà dai presupposti esistenti, ancor più se afferenti all'ambito universitario.

Trovo opinabile quanto afferma Rosenz, ovvero che "chi svolge oggi (seriamente) la professione di Naturopata deve aver seguito un iter di studi almeno triennale ed in seguito aver effettuato corsi di aggiornamento e/o specializzazione". Chi lo dice? Anche questo può non piacere, ma, in mancanza di una legge, nessuno può sostenere che la naturopatia debba essere fatta in un modo piuttosto che in un altro. E quello che afferma Rosenz vale tanto quanto quello che dico io. O l'Università La Sapienza...

Mi sembra poi pretestuoso affermare che un anno di master non basterebbe a dare la qualifica di naturopata. Il master è di 1.500 ore, un numero ben più alto di ore di insegnamento di quello impartito dalla maggioranza delle scuole private in tre anni, nel corso di alcuni weekend. Credo che l'unica, imminente, novità negativa sia proprio legata a questo aspetto e riguardi le scuole private, che quest'anno potrebbero perdere alcuni iscritti: un laureato in discipline sanitarie, che fino a ieri poteva frequentare solo una scuola privata, adesso verosimilmente sceglierà l'università. E posso comprenderlo. Perché ciò che è negativo per qualcuno è positivo per altri: il citato laureato farà un percorso di studi universitario, dello stesso numero di ore se non addirittura più alto, in un anno piuttosto che in tre, evitando per giunta di pagare il triplo...

Capisco molte delle perplessità manifestate da quei naturopati che, anche volendo, non avrebbero i titoli per iscriversi al master. Il master, comunque, non si pone come uno studio aggiuntivo, di specializzazione, per i naturopati, bensì allo stesso livello di una scuola di naturopatia. E si rivolge quindi a chi la naturopatia non l'ha mai studiata, non tanto ai naturopati già formati.

Detto questo, è chiaro che conseguire un titolo universitario può indubbiamente rappresentare una carta in più in occasione di un riconoscimento/sanatoria dei professionisti già operanti sul territorio, qualora venisse approvata una legge istitutiva del naturopata.

Ma non è certo la mancata frequenza di questo master che impedirà ai naturopati già formati di praticare la naturopatia, bensì, eventualmente, una futura legge.

Sarà compito delle associazioni di categoria battagliare fino all'ultimo per far sì che tale legge contempli una sanatoria ben fatta, che non escluda professionisti che, pur senza studi in ambito sanitario, operano con serietà e successo ormai da molti anni, magari anche con ore e ore di formazione aggiuntiva alle spalle.

E questo mi sembra il punto più delicato. Le associazioni di categoria esistenti in Italia - e qui rispondo anche all'Inat - o sono più o meno palesemente legate a scuole private (e quindi, per tali aspetti, in evidente conflitto di interessi, vedendo nell'università un pericoloso concorrente) o sono rappresentative dei naturopati solo nelle speranze e non nei numeri, quando non addirittura le due cose insieme. Credo che anche questo sia uno dei motivi per cui gli organizzatori del Master di Naturopatia della Sapienza non hanno sentito la necessità di contattare le associazioni di categoria. Chi avrebbero dovuto interpellare, nel frastagliato panorama delle associazioni italiane di naturopatia, per avere indicazioni chiare e univoche? Anni di inerzia e l'incapacità di individuare e perseguire un'efficace strategia comune per il riconoscimento della naturopatia purtroppo prima o poi si pagano.

Dr. Luca Avoledo
Naturopata
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